MEDIAZIONE – INCOMPATIBILITA’ – IL TAR ANNULLA L’ART. 14BIS DEL D.M. 180/10 E LA CIRCOLARE MINISTERO GIUSTIZIA DEL 14 LUGLIO 2015

Con la sentenza n. 3989/2016 del primo aprile il TAR per il Lazio ha accolto il ricorso del Coordinamento della Conciliazione Forense e ha così annullato l’art. 14 bis del D.M. 180/10 e la Circolare del Ministero della Giustizia del 14 luglio 2015.
Incompatibilità e conflitti di interessi per i mediatori, dovranno dunque, essere stabilite dai regolamenti e dai codici etici degli organismi di mediazione.
L’art. 14-bis comma 1 del Decreto del Ministro della Giustizia del 18.10.2010 n. 180 stabiliva che: “Il mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali” […] “1…il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali”.
L’annullamento di tale norma da parte del TAR Lazio trova la propria ragion d’essere nella impossibilità per il ministero di disciplinare il tema della imparzialità, della indipendenza e, conseguentemente, le incompatibilità dei mediatori.
Spetta, dunque, ai singoli organismi di mediazione il compito di dotarsi di un codice deontologico e di un regolamento, riservando al ministero la semplice attività di vigilanza.
E’ facile convenire che “nessuno ha mai dubitato della legittimità delle ipotesi di incompatibilità previste da tale DM”, ma perché in tale decreto non vi erano regolate ipotesi di incompatibilità, come invece contenute nell’art. 14 bis impugnato in questa sede, facendosi rimando sul punto ai regolamenti dei singoli organismi. Infine, che la norma contestata sia rivolta a tutti i mediatori e non solo agli avvocati non legittima la deroga ai limiti di cui all’art. 17, comma 3, l. n. 400/88 ma evidenzia, proprio per la sua generalità e astrattezza, l’illogicità di conseguenze specifiche nei confronti della specifica categoria in questione, qualificata da norma primaria mediatore “di diritto”, laddove sussistono già le regolamentazioni dei singoli organismi di mediazione e quella di cui all’art. 62 del codice deontologico.