APERTURE BASSE E STRETTE NON COSTITUISCONO VEDUTE
La ricorrente, in particolare, si opponeva alla pronuncia d’appello, secondo cui le aperture in questione non potevano costituire vedute ai sensi dell’art. 900 c.c., in ragione della loro dimensione ed allocazione ad un’altezza inferiore rispetto alla statura media di un uomo. Perché potessero considerarsi vedute, secondo i giudici territoriali, era in altre parole necessario che le finestre consentissero di affacciarsi, nel senso di sporgersi con il corpo; attività nella specie quanto meno incomoda.
Tesi altresì confermata dalla Corte Suprema, per la quale deve ritenersi per acquisito che il concetto di non comodità derivi non soltanto dalla necessità di avvalersi di supporti strumentali per affacciarsi – e guardare liberamente in avanti, in basso, lateralmente – ma anche dalla difficoltà intrinseca di far luogo a tale attività, senza assumere, ossia, posture innaturali e difficoltose, se non addirittura rischiose.
Affaccio palesemente scomodo ed inusuale
Ora nella specie, appare di tutta evidenza che un uomo, pur di bassa statura, per affacciarsi da un’apertura posta a 110 cm dal suolo, debba prendere una posizione platealmente e scomodamente curva, sì da non consentirgli una qualche visione diretta senza che l’affaccio sia palesemente inusuale e scomodo. A ciò si aggiunga poi l’angustia dell’apertura, che, addirittura, in uno dei due casi consentirebbe appena di introdurre la testa. Per tutto ciò – conclude la Corte con sentenza n. 9994 del 20 aprile 2017 – va rigettata la domanda della ricorrente che lamenta la chiusura delle proprie vedute, non potendo le finestre in questione, per le descritte caratteristiche, qualificarsi come tali.
REVOCA GIUDIZIALE AMMINISTRATORE
In molti casi ogni condomino può ricorrere alla magistratura per domandare la destituzione dell’amministratore. L’ art. 1129, comma 11, c.c. prescrive che l’amministratore possa essere revocato dall’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino in tre distinte ipotesi fra cui in presenza di «gravi irregolarità». Il potere revocativo è attribuito al magistrato sia in presenza di gravi fattispecie espressamente disciplinate, sia nel caso in cui possa ravvisarne ulteriori considerato che l’elenco previsto dall’articolato codicistico
REDDITOMETRO – PRIMA CASA E AUTO FUORI DAL REDDITO
È questo quanto si ricava da una recente sentenza della Commissione Tributaria della Toscana (la n. 499/2017) che ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
La vicenda aveva origine dalla notifica di due avvisi di accertamento da redditometro relativi agli anni 2007/2008, emessi in base al possesso da parte del contribuente del 25% di un immobile, ereditato dal padre e del 50% di un altro acquistato dalla madre (già espunto dall’accertamento in seguito ad autotutela dell’amministrazione), nonché di un vecchio veicolo (immatricolato nel 2003) e di una moto di esiguo valore.
Per la Ctr, va confermata la pronuncia della Ctp impugnata, immune da vizi logici e giuridici, giacché dalla base di calcolo del reddito va tolta l’abitazione principale (peraltro limitata al 25%) “che non costituisce un bene voluttuario“, mentre, con riferimento ai beni rimasti, ossia la macchina e la moto, sul punto i giudici fanno riferimento alla circolare ministeriale 14.8.1981 n. 27/7/2648 a mente della quale “il possesso di autoveicoli è talmente generalizzato da non consentire una presunzione di maggior reddito”.
Riferendosi a parametri oggettivi, ossia a dati ACI relativi ai predetti mezzi “dei quali uno talmente vetusto da non comparire nemmeno più nelle relative tabelle ma comparato ad altro mezzo di stessa potenza“, la Ctp ha rideterminato il costo di mantenimento degli stessi, “pervenendo alla conclusione corretta nelle premesse che il maggior reddito sinteticamente accertato dall’amministrazione finanziaria per oltre 21.000 euro era errato e non rispondente ai dati oggettivamente verificabili“, corrispondendo invece a poco più di 5mila euro, tanto da imporre e giustificare l’illegittimità dell’accertamento operato dal fisco e l’annullamento degli atti impugnati.Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del dm del 1992, applicabile ratione temporis alla fattispecie, ricordano i giudici, “la disponibilità di beni e servizi descritti nella tabella allegata che fa parte integrante del presente decreto, è valutata, ai fini della determinazione sintetica del reddito complessivo netto delle persone fisiche ai sensi dell’art. 38, quarto comma, secondo le modalità indicate nel presente decreto“, ovvero in base alla mera disponibilità del bene (o servizio) indice di capacità contributiva. Inoltre, ad ogni bene o servizio elencati nella tabelle allegata al dm corrisponde un valore che va moltiplicato per il rispettivo coefficiente. Il valore che si ottiene non indica la spesa sostenuta per possedere quello specifico bene o servizio, bensì il reddito complessivo espresso induttivamente dalla disponibilità dello stesso
DETRAZIONI DICHIARAZIONE DEI REDDITI 2017:
Contributi alla badante e spese sanitarie
Per quanto riguarda, invece, le spese sanitarie, nell’ottica di semplificare gli adempimenti fiscali non sarà poi più necessario conservare la prescrizione medica per poter portare in detrazione i costi sostenuti per particolari medicinali anche veterinari, visite mediche e interventi (ad esempio quelli di chirurgia plastica).
Sono inoltre ammesse alla detrazione le spese per i farmaci senza obbligo di prescrizione medica acquistati online da farmacie ed esercizi commerciali autorizzati a vendere a distanza.